L’intervento coi maltrattanti: un costruire.
Patrizia Cavalli, poetessa e scrittrice contemporanea, in un suo recente testo (per l’occasione non poetico, ma narrativo) richiama l’antica e bella tecnica di costruzione romana dell’opus incertum. È questo
«…un modo di mettere insieme pezzi di marmo (o anche di altri materiali) rotti o irregolari, che dovranno unirsi l’uno all’altro cercando il proprio speculare compagno. Non c’è alcuna certezza del disegno finale, è dunque impossibile progettarne la geometria: si procede incertamente e via via per ogni pezzo di marmo bisogna trovare un altro pezzo che possa in parte, nel miglior modo possibile, combaciare. Non si può decidere in anticipo, se non il punto d’inizio o la superficie che l’opera dovrà ricoprire: entro questo limite agisce una libertà necessaria, o meglio, una necessità imponderabile che di volta in volta crea le proprie leggi. L’unica cosa certa di quest’opera è che un certo spazio verrà coperto da certi pezzi, ma il modo di procedere e gli accostamenti estetici sono imprevedibili. È un’opera dove agiscono insieme intenzione e caso, secondo un principio di necessità che si rivela solo nel suo procedere».
Quest’immagine costruttiva ci regala un utile modello con cui diventa possibile rappresentare quello che un po’ è anche il lavoro psicologico portato avanti dal Centro Prima con gli autori di maltrattamento nelle relazioni affettive. Proprio come nella realizzazione di un opus incertum, anche negli incontri che abbiamo con gli “autori” non si ha tanto a che fare con quelli che definiremmo materiali belli, uniformi nella forma e nel colore e con angoli perfettamente squadrati e regolari, con cui comporre forme rassicuranti ed esteticamente pregiate. Si ha invece spesso a che fare con storie spezzate, relazioni interrotte, di solito non troppo affascinanti, in molti casi complicate, sfrangiate, irregolari, confuse, scompigliate.
I racconti dei maltrattanti
Nei racconti dei maltrattanti sovente traspaiono, oltre alle grosse criticità, anche dei temi di speranza, il desiderio di cambiamento, il bisogno di ritrovare o ridare un ordine alla propria vita e a quella dei propri affetti, la voglia di ridare un senso o di riacciuffare un fil rouge in una relazione che non sembra averne più uno.
Allora, come nel lavoro degli antichi artigiani, anche in questo lavoro psicologico si tratta di prendere in mano queste parti monche, orfane o rotte, di “ripulirle”, di decostruirne il complesso contesto originario, aiutando a comprendere che non sarà possibile tornare all’unità precedente ma che sarà però possibile costruire un ordine nuovo, favorendo una nuova organizzazione di questi materiali, avvantaggiandosi di una necessaria irregolarità che, sul primo momento, dando accompagnamento a questi “pezzi” emersi in seduta, che gli uomini avranno modo da ricombinare in modalità inedite e finora inesplorate, per giungere a un nuova costruzione di sé e delle proprie storie.
I pezzi di storia dei maltrattanti
Che cosa sono questi “pezzi”, la materia con cui ci troviamo ad avere a che fare nel trattamento psicologico dei maltrattanti?
Non sono evidentemente delle cose, dei fatti. Eventi, fatti sono oggetto di interesse di altri soggetti e professioni: il giudice, la polizia, gli amici, i media.
Nel corso del trattamento, invece, al Centro Prima ci occupiamo di altri pezzi, che per noi sono costituiti dalle emozioni che vengono da questi soggetti portate nei racconti, che parlano dei loro vissuti, dei brandelli di vita relazionale riportati quasi fossero fatti incontrovertibili, ma che sempre di un punto di vista, di storie, di narrazioni emozionate fanno il proprio oggetto. Negli incontri questi “pezzi” spesso ci vengono consegnati dai nostri interlocutori quasi fossero dei materiali solidi, sassi, pietre, o comunque oggetti non sempre chiaramente definiti; nel dialogo terapeutico, gli stessi uomini capiscono quanto ci si debba tornare su, quanto vadano esplorati, analizzati, per poterli utilizzare, per lavorarli, per accostarli l’uno all’altro e costruire questo loro nuovo modo di guardare alla propria storia.
L’intervento psicologico: una grande opera incerta
È comune e trasversale tra gli uomini che incontriamo questo senso di incertezza di un lavoro che è un cammino di scoperta delle proprie emozioni e dei propri vissuti. Sono incerti gli uomini che attraversano questa difficile strada di ricostruzione di un rapporto con l’altro. Sono incerti gli psicoterapeuti che si trovano a dare fiducia a uomini a cui, talvolta, neanche gli uomini stessi danno più fiducia. È incerto l’esito, il risultato, del lavoro.
Ciò che guida il tutto è però la vastità del materiale a disposizione, la possibilità di disporre di molti “pezzi” di sé, anche se rotti e confusi con altri. È questa ricchezza di materiali emotivi con cui avere a che fare che fa immaginare la possibilità di costruire, rifacendo un piano, ridando forma al sé, un nuovo opus incertum che ridia speranza e senso a questi uomini, alle loro relazioni e ai legami affettivi che li uniscono ai loro contesti.
Dott. Marco Guidi, psicologo, psicoterapeuta Centro Prima