Da sempre mi sono occupata di relazioni; mi incuriosisce cosa avviene tra due persone e come il contesto intervenga a costruire, in parte, le relazioni stesse. Per questo ho scelto la facoltà di psicologia.

Ho iniziato a lavorare presto in diversi servizi del terzo settore per la Iskra Cooperativa Sociale Onlus di cui sono a tutt’oggi socia.  La mia formazione ha seguito quello che mi sembrava necessario capire in quel momento, per avere strumenti utili per lavorare. Per tale ragione ho approfondito l’intervento di analisi della domanda che mi ha dato un punto di vista con cui guardare le relazioni degli individui nei loro contesti e anche la possibilità di pensare allo sviluppo delle organizzazioni e delle persone che andasse oltre un’idea di mancanza o deficit da recuperare o riparare.

Per il terzo settore mi sono occupata sia di coordinare servizi, in particolare il Centro Diurno per Anziani Fragili Elianto, esperienza incredibile, in cui constato ogni giorno, quanto le persone siano sempre in continuo divenire. Sono supervisore di un gruppo di colleghi che lavorano in servizi di educativa domiciliare minori e lavoro in un Centro per le Famiglie, progetto in ATI con altre cooperative.

In un settore così articolato, diviene necessario pensare che il proprio lavoro sia inserito in un contesto più ampio, fatto di colleghi con formazioni differenti. Non è stato un caso che la prima formazione in psicoterapia sia stata in Psicoterapia dei Gruppi. Oltre ad acquisire un metodo per portare un cambiamento profondo nelle persone, attraverso il gruppo, è nata in me una passione per lo studio dei network, per la connessione tra persone e professionisti. Sono, infatti, approdata nel 2019 ad un progetto dell’Ordine Psicologi Lazio, per cui sono referente territoriale del Comune di Monterotondo, che ha l’obiettivo di connettere professionisti non amplificando un concetto di competizione, piuttosto il contrario: se messe insieme le risorse di moltiplicano.

Poi c’è il mio lavoro di clinica a studio. A un certo punto ho sentito che la mia formazione sugli individui non fosse terminata; sentivo una curiosità ad approfondire una teoria del soggetto che mi fosse utile nella stanza di analisi. Mi sono quindi iscritta ad una scuola di specializzazione ad orientamento psicoanalitico relazionale, approfondendo i concetti di soggetto, di sistema, di relazione.

Nello studio è facile vedere come agisce la violenza. La pretesa, l’obbligo, la diffidenza sono emozioni centrali. È a questo punto che ho iniziato ad avvicinarmi al costrutto di violenza in modo differente da quello che è una lettura attualmente condivisa.

Non è cosa semplice affrontare un tema così cogente da questo punto di vista, e dopo esser transitata in diversi gruppi di lavoro o movimenti che si occupavano di violenza di genere, ho riconosciuto nel progetto che c’è dentro il Centro Prima – Prevenzione e Intervento Maltrattanti, ex CAM, uno spazio di sviluppo per un intervento necessario per poter parlare di violenza: la violenza dell’uno sull’altro.

Molti mi chiedono perché mettersi dentro il punto di vista dei maltrattanti. E’ una risposta che sto ancora costruendo ma so che nessun tema complesso può mai esser trattato non tenendo conto di un processo lungo un continuum: non si può intervenire solo sulla vittima, aspetto fondamentale, senza tener conto che c’è da intervenire psicologicamente (socialmente e culturalmente), sull’altro polo della questione, cioè l’uomo.

Per terminare vorrei condividere la mia visione positiva del soggetto, una visione che parte dall’idea che con le difficoltà incontrate  nel corso della propria vita, ci si può comunque fare i conti e andare oltre il proprio orizzonte storico. Non è un caso che da anni lavoro da anni anche con gli anziani. Vedere  il soggetto come capace di assumere la propria vita e di indirizzarla a partire da se stesso verso lidi suoi, è una visionesostenibile. L’idea stessa di processo terapeutico elimina la visione onnipotente e idealizzata dell’essere umano. L’idea di processo ha implicito, infatti, che il cammino può essere lungo e tortuoso. Il processo è un andare verso la situazione desiderata e cercata. Il soggetto umano, visto con occhi positivi e prospettici, ha la possibilità di creare il suo destino.

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